GIAPPONE: PREOCCUPAZIONE PER LA DICHIARAZIONE DEL MINISTRO DELL’AMBIENTE SULL’ACQUA RADIOATTIVA

Il ministro giapponese dell’Ambiente Yoshiaki Harada ha detto che per la società che gestisce la centrale di Fukushima – la Tepco (Tokyo Electric Power) – l’unica opzione disponibile per smaltire l’acqua radioattiva è quella di rilasciarla nell’Oceano Pacifico. Lo riferiscono i media giapponesi. “Non abbiamo altra opzione che liberarla e diluirla“, ha aggiunto Harada in una conferenza stampa, precisando di parlare a titolo personale, ma che della questione si occuperà il governo. Ogni giorno – come riferisce l’agenzia ANSA – vengono usati oltre 200 metri cubi di acqua per raffreddare i reattori danneggiati, ed evitare che fondano e producano nuove fughe di materiale radioattivo. L’acqua però rimane debolmente radioattiva e deve essere stoccata in appositi serbatoi, costruiti sul sito dell’impianto. Oggi ce ne sono un migliaio e il gestore ne vuole costruire degli altri. Secondo Tepco però, date le dimensioni del sito, si può arrivare a stoccare al massimo 1,37 milioni di tonnellate di acqua. Questo limite sarà raggiunto nel 2022. Il governo giapponese ha incaricato un commissione di esperti (fra i quali membri dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica Aiea) di studiare le possibili soluzioni. I tecnici hanno indicato 5 opzioni, fra le quali l’iniezione sotterranea e la vaporizzazione, ma hanno aggiunto che la dispersione in mare è l’unica opzione realistica. Gli abitanti della zona, le associazioni ambientaliste e il governo della vicina Corea del Sud si sono opposti a questa ipotesi. Secondo Valerio Rossi Albertini del CNR, l’ipotesi di rilasciare nell’Oceano Pacifico l’acqua radioattiva usata per il raffreddamento del nocciolo dei reattori: “è il peggio che si possa fare, anche se la radioattività non fosse elevatissima. L’opzione migliore sarebbe quella di trasportare l’acqua in piscine lontane dai reattori e congelarla. È una questione di sforzo economico, ma il disastro di Fukushima richiede misure eccezionali. Ogni 12 anni si dimezza la quantità di radioattività congelando l’acqua radioattiva, si otterrebbe un blocco di ghiaccio più facilmente controllabile dell’acqua allo stato liquido. In una quarantina di anni, la radioattività si sarà ridotta di dieci volte”. Favorevole all’ipotesi del ministro giapponese è invece Paride Meloni, responsabile della divisione dell’Enea per la Sicurezza e sostenibilità del nucleare: “La diluizione è stata già consigliata al Giappone in diversi scenari internazionali, perché dal punto vi sta dell’impatto ambientale la diluizione nell’oceano in modo ragionato, alla giusta distanza dalla costa e a intervalli abbastanza lunghi fra un rilascio e l’altro è molto bassa. E’ fondamentale – ha concluso Meloni – seguire regole molto precise circa la distanza dalla costa alla quale deve avvenire il rilascio e gli intervalli di tempo tra un rilascio l’altro

26 APRILE: IL MONDO RICORDA IL DISASTRO DI CHERNOBYL

Era il 26 aprile 1986 quando il reattore numero quattro della centrale di Chernobyl, circa 100 chilometri a nord di Kiev, esplode. Le autorità russe inizialmente cercano di coprire l’incidente (tanto che l’ammissione del disastro da parte del segretario dell’allora Partito comunista sovietico Mikhail Gorbaciov arriva solo il 14 maggio). Il resto del mondo scopre quel che è successo il 28 aprile – due giorni dopo l’esplosione – perché  la nube radioattiva che si sviluppa investe tutta l’Europa ed è la Svezia  la prima a lanciare l’allarme, perché gli scienziati rilevano un picco dei livelli di radiazioni. La nube tossica sprigionata, a causa di quello che viene considerato il più grave incidente nucleare della storia, raggiunge anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, toccando anche l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria e i Balcani. Nelle settimane successive allo scoppio, a causa delle radiazioni, furono trentuno i lavoratori della centrale e i pompieri che ufficialmente persero la vita, ma il numero esatto delle vittime del disastro nucleare è tutt’oggi incerto: non si è mai potuto stabilire con certezza i morti diretti, ma soprattutto quelli indiretti, deceduti a causa delle malattie provocate dalle radiazioni. A distanza di 33 anni centinaia di persone si sono riunite intorno al memoriale dedicato alle vittime a Slavutych, a 50 chilometri dalla centrale nucleare, città costruita dopo l’evacuazione di Pripyat, che fu evacuata il giorno successivo allo scoppio del reattore: come ricorda il Corriere della Sera, ai cittadini fu detto che si trattava di un’evacuazione temporanea…nel giro di tre ore furono fatti salire su alcuni autobus e – con le poche cose che avevano addosso – furono allontanati: nessuno ha mai fatto ritorno a Pripyat, che ancora oggi è una vera e propria città fantasma.

FRANCIA: INVESTIRE SUL NUCLEARE? NO: MEGLIO LE RINNOVABILI

Chissà quanti di voi, leggendo il titolo si saranno detti: “La solita boutade ambientalista” e invece no: ad affermare che in Francia conviene investire sulle rinnovabili piuttosto che sul nucleare è l’Agenzia per l’ambiente e la gestione dell’energia (Ademe) che nel Rapporto “Traiettoria di evoluzione del mix energetico 2020-2060” – pubblicato lo scorso dicembre – sottolinea come la Francia non abbia alcun interesse a lanciarsi nella costruzione di nuovi reattori EPR, perché questo farebbe aumentare il costo medio di produzione dell’energia elettrica (dunque anche le bollette pagate dai francesi). Ma non è tutto: lo stesso studio suggerisce anche di chiudere progressivamente i reattori esistenti: puntare sulle rinnovabili, secondo il direttore generale dell’Ademe, Fabrice Boissier:  “rappresenta l’opzione meno cara possibile per i francesi….Abbiamo tenuto conto di tutte le ipotesi affinché le nostre conclusioni non siano contestabili” ha precisato  Boissier, nel corso di una conferenza stampa di presentazione del rapporto. Secondo il Rapporto, in Francia entro il 2050 le energie rinnovabili forniranno l’85 per cento dell’elettricità, mentre per il 2060 il dato salirà al 95 per cento.

LE RINNOVABILI IN CRESCITA, IL NUCLEARE IN DECLINO

Secondo il World Nuclear Industry Status Report, il nucleare è in declino nel mondo e le rinnovabili sono in crescita: nel 2017, infatti, la potenza nucleare installata è cresciuta a livello globale solo dell’1%, mentre quella solare del 35% e quella eolica del 17%. Altro dato su cui riflettere è che le nuove centrali si trovano quasi tutte in Cina: nell’ultimo anno il Paese asiatico ha aggiunto 50 gigawatt di capacità di stoccaggio di energia solare: un dato superiore a quello per l’energia fossile e proveniente dal nucleare e pari a quanto generato in un anno da Francia e Germania messe assieme, anche se occorre ricordare che la Cina – attualmente – è anche il primo Paese al mondo a investire sul nucleare: un terzo dei 60 impianti in costruzione si trova in territorio cinese. In base a quanto emerge nel rapporto, la tecnologia atomica col tempo diventa sempre più costosa, per le misure di sicurezza, la manutenzione dei vecchi impianti e lo smaltimento delle scorie, mentre le rinnovabili costano sempre di meno.