SALGONO A 547 I COMUNI RICICLONI D’ITALIA

Salgono a 547 i Comuni Ricicloni d’Italia. L’iniziativa di Legambiente, nata nel 1994 e patrocinata dal Ministero per l’Ambiente, premia i comuni che hanno ottenuto i migliori risultati nella gestione dei rifiuti: raccolte differenziate avviate a riciclaggio, ma anche acquisti di beni, opere e servizi, che abbiano valorizzato i materiali recuperati da raccolta differenziata. Le modalità di adesione al concorso sono semplici e si fondano sulla comunicazione volontaria da parte dei Comuni, tramite di un’apposita scheda, dei quantitativi di rifiuti raccolti separatamente ed avviati a riciclo. La verifica dei dati ricevuti dai Comuni è effettuata da Legambiente di concerto con i responsabili comunali per la gestione dei rifiuti, avvalendosi anche della collaborazione dei circoli territoriali di Legambiente, degli Osservatori Provinciali e delle ARPA regionali. Nel complesso – come riportato sul sito dei Comuni Ricicloni – in Italia la produzione dei rifiuti rimane ancora alta, con 487 kg/ab/anno e se la raccolta differenziata intercetta, mediamente a livello nazionale, oltre la metà dei rifiuti prodotti con il 55,5% (dato ISPRA 2017), si registra ancora un forte divario tra Nord (66%), Sud (42%) e Centro Italia (52%). “La raccolta differenziata non è che il primo passo propedeutico, ma non sufficiente, per superare i vecchi sistemi di smaltimento – ha dichiarato il Direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti – Gestione efficace e ben organizzata, raccolta porta a porta, politiche di prevenzione, tariffazione adeguata per disincentivare la produzione dei rifiuti e aumentare la qualità dei diversi materiali raccolti, sono gli ingredienti fondamentali. Ma perché gli sforzi, l’impegno e gli importanti risultati dei Comuni Rifiuti Free siano ripagati, occorre lavorare altrettanto alacremente sulla chiusura del ciclo, sul riciclo e sull’utilizzo della materia prima seconda che ne deriva. La vera sfida – ha concluso Zampetti – consiste nel creare una rete virtuosa che dalla produzione arrivi fino al recupero di materia e alla restituzione della materia prima seconda. In questo ciclo le Amministrazioni comunali, regionali e centrali hanno un ruolo importantissimo, come testimonia questo rapporto, indicando le tante esperienze positive che possono fare sempre più da traino in un percorso ancora lungo ma ormai ben delineato”.

COMUNI RICICLONI 2019

ECONOMIA CIRCOLARE: MANCANO LE NORME

“Investire nell’economia circolare conviene allo Stato, all’ambiente e alla salute dei cittadini, ma ancora oggi manca una normativa”: questa la denuncia di Legambiente in occasione del convegno “La corsa ad ostacoli dell’economia circolare in Italia”. Il 33% dei rifiuti urbani e speciali (pari a circa 55 milioni di tonnellate, su un totale di 165 milioni, che comprende anche quelli pericolosi) – ad esempio prodotti assorbenti per la persona, rifiuti da costruzione e demolizione, plastiche miste e carta da macero, ma anche oli di frittura – sono in attesa dei decreti “End of waste (Eow)” per semplificare il loro riciclo, sottraendoli alla discarica legale o abusiva e agli inceneritori. “Il quadro legislativo è inadeguato e contraddittorio”, dice l’associazione ambientalista, che sollecita l’approvazione delle norme sull’End of waste e auspica più impianti per il riciclo e il riuso, rendendo autosufficienti le regioni. È urgente anche garantire più controlli lungo tutta la filiera dei rifiuti, urbani e speciali, per combattere la concorrenza sleale e i traffici illeciti nonché una più incisiva azione di controlli a tappeto sul territorio nazionale per contrastare, ad esempio, la vendita dei sacchetti fuori legge, garantire il rispetto del bando dei cotton fioc non compostabili, valutare la regolarità delle fideiussioni degli impianti di gestione rifiuti. “Il 2018 – dichiara Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente – è stato l’anno dell’approvazione del pacchetto europeo sull’economia circolare, ma il 2019 dovrà essere un anno determinante per la sua attuazione. Perché questo avvenga è necessario però rimuovere gli ostacoli non tecnologici che nel nostro Paese sono ancora presenti. L’economia circolare non è solo un modo per uscire dalle tante emergenze rifiuti ancora dislocate in Italia, vuol dire creare investimenti, occupazione ed economia sul territorio, ma bisogna avere il coraggio di andare in questa direzione. Occorre approvare al più presto i decreti End of waste: il riciclo dei rifiuti va semplificato al massimo altrimenti il rischio di dover aumentare i rifiuti di origine domestica o produttiva in discarica, al recupero energetico o all’estero diventa sempre più concreto”

LEGAMBIENTE E KYOTO CLUB: APPELLO PER NORMA SULL’END OF WASTE

Partiamo da una breve spiegazione: con il termine End of Waste, si indica il processo di recupero eseguito su un rifiuto, al termine del quale esso perde tale qualifica per tornare a svolgere un ruolo utile come prodotto. Un rifiuto quindi cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfa le precise condizioni, come precisa la Corte di Giustizia Europea: “se il materiale risulta avere un’utilità, cesserà di essere considerato rifiuto non appena sarà pronto ad essere riutilizzato come prodotto recuperato”.  Da diversi anni però l’Italia non riesce a semplificare le operazioni di riciclaggio dei rifiuti come richiesto dall’Europa e la mancata emanazione di decreti sul fine vita dei rifiuti sta creando un corto circuito che rischia di aumentare i flussi di rifiuti che vanno in discarica o negli inceneritori. Da qui l’appello lanciato dal Presidente di Legambiente Stefano Ciafani e dal Vicepresidente di Kyoto Club, Francesco Ferrante per tradurre finalmente in realtà la norma sull’end of waste sulle materie prime seconde, molte volte annunciata in questi mesi dal Ministro dell’ambiente Sergio Costa. “La semplificazione del riciclo dei rifiuti urbani e speciali, la normativa sul cosiddetto end of waste, deve essere reale ed efficace, al contrario di quanto si stava facendo con la legge di bilancio approvata definitivamente nei giorni scorsi con l’intervento maldestro del Parlamento. Bene ha fatto il ministro dell’Ambiente Sergio Costa a stralciare quell’articolo dalla manovra economica per farlo tornare dove era stato inizialmente previsto, cioè nel Decreto Semplificazioni  –scrivono Ciafani e Ferrante – Il nostro augurio è che ora non si facciano ulteriori pasticci nel passaggio parlamentare complicando il testo governativo sulle materie prime seconde che va, invece, nella direzione giusta. Ci auguriamo che questa sia la volta buona per l’approvazione di una norma che faccia decollare definitivamente il riciclaggio dei rifiuti di provenienza domestica o produttiva come ci chiede il nuovo pacchetto di direttive europee sull’economia circolare, grazie alla semplificazione dell’iter autorizzativo. Non c’è più tempo da perdere se vogliamo evitare la realizzazione di altri termovalorizzatori come paventato dal vicepremier Matteo Salvini. Una sciagura per l’economia circolare italiana che dobbiamo evitare rendendo più economiche le politiche di prevenzione, più semplici le operazioni di riciclo, costruendo tanti nuovi impianti industriali per il recupero di materia, a partire da quelli per la frazione organica dei rifiuti nei moderni digestori anaerobici per la produzione di biometano, e favorendo veramente, come previsto dall’obbligatorietà per legge dei criteri ambientali minimi nelle gare pubbliche d’appalto, i prodotti realizzati con materiali da riciclo“.

IL BIOMETANO PUO’ AVERE UN RUOLO FONDAMENTALE NELLA STRATEGIA ENERGETICA ITALIANA

Durante la seconda Conferenza nazionale “L’era del biometano”, promossa da Legambiente, in corso in queste ore a Bologna è emerso che il biometano può avere un ruolo fondamentale nella Strategia energetica del nostro Paese per ridurre l’inquinamento dell’aria e nella lotta ai cambiamenti climatici. Secondo il Comitato Termotecnico Italiano il biometano è in grado, infatti, di evitare l’immissione di gas serra di almeno il 75% rispetto ai combustibili fossili, un contributo fondamentale all’obiettivo di contenimento del surriscaldamento del pianeta. Ma per puntare sul settore, bisogna da una parte superare le carenze normative e realizzare nuovi impianti: Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, ha infatti dichiarato: “Occorre partire con la realizzazione di nuovi impianti di digestione anaerobica per la produzione di biometano per il trattamento della frazione organica, a partire dalle regioni del centro sud Italia che oggi ne sono carenti, nonostante l’umido rappresenta il 30-40% del totale dei rifiuti prodotti e affiancare con questa tecnologia anche gli impianti di compostaggio aerobici esistenti, per ottimizzare il processo”

LEGAMBIENTE: CAMPAGNA “USA E GETTA? NO GRAZIE”

Parte con una domanda la Campagna di Legambiente Usa e getta? No grazie…una domanda semplice semplice: “Ti sembra esagerato?”, perché sono ancora tanti, troppi quelli che buttano via un bicchiere di plastica…una cannuccia…senza minimamente pensare al danno che stanno provocando. Eppure una busta di plastica resta nell’ambiente dai 10 ai 20 anni…una bottiglia addirittura per 450 anni. Tanto si potrebbe fare, a partire dalle nostre abitudini quotidiane, ad esempio si potrebbe portare l’acqua in borracce o in bottiglie riutilizzabili, così come per le altre stoviglie di plastica. La maggior parte dei rifiuti in spiaggia – si legge sul sito di Legambiente – è composta da monouso in plastica come bottiglie, stoviglie, cannucce e buste. Anche se il loro utilizzo dura solo pochi minuti, le loro microplastiche inquinano per sempre.

ECOMAFIE: UN “BUSINESS” DA 14 MILIARDI

84 reati al giorno – praticamente 3 ogni ora (con un aumento del 18,6% rispetto al 2016) – per un fatturato arrivato a quota 14,1 miliardi (+9,4 per cento rispetto all’anno precedente): sono impressionanti i dati presentati da Legambiente nel suo RAPPORTO ECOMAFIA, presentato in queste ore alla Camera dei Deputati. Aumenta, anche il numero di persone denunciate (39.211, con una crescita del 36%) e dei sequestri effettuati (11.027, +51,5%). Ovviamente non è un caso che, come si legge nel Rapporto: “nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso è stato verbalizzato il 44% del totale nazionale di infrazioni. La Campania è la regione in cui si registra il maggior numero di illeciti ambientali (4.382 che rappresentano il 14,6% del totale nazionale), seguita dalla Sicilia (3.178), dalla Puglia (3.119), dalla Calabria (2.809) e dal Lazio (2.684)”. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, il maggior numero di reati riguarda l’inquinamento ambientale con 361 casi, poi l’omessa bonifica (81), i delitti colposi contro l’ambiente (64), il disastro ambientale (55), l’impedimento al controllo (29) e il traffico di materiale ad alta radioattività (7).

ACI CASTELLO (CT), ALBANO (RM) E MOLFETTA (BA) I COMUNI PIU’ RICICLONI DI ITALIA

Si è conclusa la 25° edizione della manifestazione “Comuni ricicloni” – organizzato da Legambiente – che ogni anno premia quei Comuni che che più si sono distinti nella gestione corretta dei rifiuti, riducendone drasticamente lo smaltimento in discarica: Comuni che svolgono correttamente la raccolta differenziata sia in termini di quantità che in termini di qualità del materiale raccolto. Ad essere premiati quest’anno i Comuni di Aci Castello (Catania), Albano Laziale (Roma) e Molfetta (Bari), ma la vittoria di tre Comuni del centro e del sud Italia non deve trarre in inganno, in quanto l’andamento della raccolta differenziata vede molti Comuni del meridione ancora molto indietro rispetto alla media nazionale.

MARE “MOSTRUM”: IL DOSSIER DI LEGAMBIENTE

Presentati in questi giorni i dati di “Mare Mostrum“, il dossier di Legambiente sulle infrazioni che stanno distruggendo i nostri mari. Fanalino di coda, con il triste primato degli illeciti commessi, è la Campania dove le infrazioni contestate sono state 2.715,  con un incremento rispetto all’anno precedente dell’ 4,7%. Sette reati al giorno, quindi, spesso legati a scarichi fognari abusivi o sversamenti illegali di liquami e rifiuti, oltre all’abusivismo edilizio, alla pesca di frodo e al diportismo selvaggio, con motoscafi e moto d’acqua che avvicinandosi troppo alla riva mettono a repentaglio l’incolumità dei bagnanti,. Su scala nazionale quasi il 50% dei reati si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, oltre la Campania, troviamo Puglia, Sicilia e Calabria, al quindo posto il Lazio. Inoltre Legambiente denuncia che oltre che per questi reati, i  diritti dei cittadini continuano a non essere garantiti anche sul fronte dell’informazione e dell’accesso ai tratti di spiaggia liberi.