BIOMETANO E IDROGENO CONTRO LE EMISSIONI DI CO2

Secondo uno studio pubblicato lo scorso marzo, commissionato a Navigant dal consorzio Gas for Climate, che riunisce sette aziende europee nel trasporto gas (Snam, Enagás, Fluxys, Gasunie, GRTgaz, Open Grid Europe e Teréga) e due associazioni attive nel settore del gas rinnovabile (CIB-Consorzio Italiano Biogas e EBA-European Biogas Association) il biometano e l’idrogeno aiuteranno l’Europa ad eliminare le emissioni di CO2 entro il 2050, risparmiando così ben 217 miliardi l’anno. Per gli esperti di Navigant, come si legge nel comunicato stampa oltre al biometano prodotto da rifiuti urbani e scarti agricoli e agroindustriali, larga parte del gas rinnovabile in Europa sarà inizialmente costituita dal cosiddetto idrogeno “blu”, ossia l’idrogeno carbon-neutral prodotto da gas naturale tramite la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS). A partire dal 2050, l’idrogeno blu sarà gradualmente rimpiazzato da idrogeno “verde”, ossia prodotto tramite eolico e solare, realizzando un mix energetico totalmente rinnovabile. Il report illustra il potenziale di idrogeno e biometano, accanto all’elettricità prodotta da rinnovabili, nell’assicurare al continente una transizione energetica meno costosa possibile, svolgendo un ruolo chiave nel riscaldamento domestico, nei processi industriali, nella produzione di energia elettrica e nei trasporti pesanti. “Il report – dichiara Piero Gattoni, presidente del CIB – Consorzio Italiano Biogas – è un’ulteriore evidenza dell’apporto essenziale che il biometano può dare alla realizzazione di un futuro energetico sostenibile e totalmente rinnovabile in Europa”.

IN CORSO L’ENERGY FORUM 2019

Si sta svolgendo a Castel San Pietro Terme (Bo), la seconda edizione di EY Energy Forum 2019. Due giorni di incontri, workshop e dialogo a cui parteciperanno i player impegnati nelle utilities e nell’oil&gas. Tante le “voci” presenti al Forum: dalle aziende che investono sulle energie pulite, installando pannelli solari, posizionando punti di ricarica per i veicoli elettrici nei parcheggi o riciclando i rifiuti, alle energie rinnovabili, fino all’intelligenza artificiale. E tanti gli argomenti trattati: energia circolare, efficienza energetica, decarbonizzazione, mobilità sostenibile, nuovi modelli di business, competenze e nuovi ruoli ridisegnati in chiave strategica grazie all’innovazione e alle tecnologie digitali. Nel corso della prima giornata del Forum sono emerse alcune criticità: ad esempio nel nostro Paese – stando alle rilevazioni della Commissione europea relative al 2017 -, il peso degli investimenti in ricerca e sviluppo (R&D) nel settore energetico è stato pari al 0,02% del Pil. Non solo: in Italia – spiegano i dirigenti di EY – una barriera d’ingresso all’innovazione è purtroppo rappresentato dall’incertezza del quadro normativo italiano, in continua evoluzione per adeguarsi ai diktat comunitari che fissano parametri assai stringenti in materia di emissioni inquinanti (CO2) e di rinnovabili. E gli obiettivi europei da conseguire entro l’anno indicato sono: una riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990), una quota almeno del 27% di energia rinnovabile e un miglioramento almeno del 27% dell’efficienza energetica. A questo proposito il Presidente di Snam Luca Dal Fabbro, in un’intervista rilasciata ad Affariitaliani.it ha dichiarato: “E’ il gas lo strumento migliore per la decarbonizzazione, perché non c’è un altro modo per convertire una centrale a carbone, e l’impatto economico e di inquinanti è senz’altro molto più ridotto rispetto ad altri fonti”. Secondo Dal Fabbro un ruolo importante nel futuro lo avrà l’idrogeno: “Crediamo che l’idrogeno possa essere un vettore energetico chiave. Stiamo facendo delle sperimentazioni che sono andate andando bene: l’idea è quella di usare sempre di più questa tecnologia per produrre energia pulita. L’idrogeno può essere prodotto dalle rinnovabili quando c’è una sovrabbondanza di energia che non viene consumata, l’idrogeno viene stoccato e utilizzato quando serve. Si tratta di una commodity energetica più sostenibile rispetto al petrolio e al carbone, quindi assolutamente da considerare in un programma di decarbonizzazione