COMMISSARIO UE CANETE: EMISSIONI ZERO ENTRO IL 2050

Il commissario uscente all’energia e al clima dell’UE, Miguel Arias Canete, presentando la Comunicazione della Commissione sul clima ha dichiarato che l’annuncio da parte della neo presidente Ursula von der Leyen di un fondo europeo per la transizione climatica, al fine di aiutare gli Stati la cui economia dipende ancora in larga parte dall’energia da carbone, “dà le rassicurazioni necessarie ai Paesi” scettici sull’obiettivo Ue emissioni zero entro il 2050“. Nel corso della presentazione, Canete ha spiegato che l’Unione europea intende arrivare preparata al vertice sull’azione per il clima voluto dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterrez, a New York il 23 settembre: “Siamo un leader globale per il clima e la nostra azione per il clima è un esempio eccezionale di risultati“. L’Europa – secondo il commissario – è leader anche in termini di sostegni alle politiche per il clima che distribuisce nel mondo (il 40% dei fondi globali sono Ue). “Abbiamo fatto un bel lavoro in questi cinque anni”, ha concluso Cañete. Anche l’Italia si prepara al vertice Onu: il Ministro Sergio Costa ha infatti annunciato che vuole presentare un decreto legge sull’emergenza climatica al Consiglio dei ministri del 19 settembre. Il provvedimento – come hanno riferito all’Agenzia ANSA fonti del ministero – vuole essere il contributo che l’Italia porterà al Climate Action Summit 2019. Dopo il Consiglio dei ministri, Costa partirà per New York con il premier Conte per partecipare al summit

ING. MARIO GUGLIOTTA (A.D. GEA): “UN PROGRAMMA DI GOVERNO MOLTO AMBIZIOSO”

Un programma di governo, se pur in bozza, molto ambizioso.

Già l’attuazione di pochi dei 26 punti contenuti farebbe di questo Governo, se nascerà, uno dei più importanti della recente storia della seconda Repubblica.

Per chi come me, che della difesa dell’ambiente e della produzione di energia rinnovabile ne ha fatto una professione da quasi trent’anni, il cosiddetto Green New Deal riportato al quinto punto non è che l’ennesima enunciazione di principio forse questa volta un po’ più consapevole.

Cosa ci può rendere ottimisti? Per prima cosa, dopo anni di alti e bassi dell’attenzione pubblica e politica alle tematiche “verdi”, finalmente si assiste oggi ad una ripresa della coscienza ambientalista dell’elettorato che, gioco forza, condizionerà i programmi politici dei partiti. La consapevolezza che i problemi ambientali sono anche problemi economici e di sicurezza (non ultimo per via dei processi migratori legati alla desertificazione dell’Africa) dovrà obbligatoriamente spingere l’Italia, l’Europa e il Mondo intero verso nuovi investimenti in tecnologie e infrastrutture sostenibili e nella ricerca scientifica. L’Italia, per la dimostrata capacità tecnologica e imprenditoriale, potrà essere apripista in Europa chiedendo, attraverso il nostro Governo, di eliminare dai vincoli di bilancio tutti gli investimenti tendenti all’abbattimento delle emissioni, alla riduzione del rischio idrogeologico, alla tutela del suolo, dell’acqua e delle biodiversità, alla cura dei boschi e alla conversione a verde di aree a rischio desertificazione.

Un altro fronte su cui operare è quello della semplificazione e della stabilità normativa di settore che, ben inteso, non deve significare deregulation. Chiedere decine di pareri ad Enti disparati per realizzare o modificare un impianto fotovoltaico, eolico o biomasse, riempie la strada degli imprenditori di ostacoli e tranelli spesso incomprensibili o pretestuosi, creando i presupposti dell’illegalità. Linee guida semplici e chiare, quindi, ma senza sotterfugi, condoni e interpretazioni ad personam.

Infine i rifiuti. In questo caso la parola d’ordine dovrebbe essere la consapevolezza. Raccolta differenziata, impianti di recupero, inceneritori, discariche sono tutti elementi di una filiera da conoscere e non demonizzare. Non esistono soluzioni semplici a problemi complessi o, soprattutto, complicati. Siamo tutti partecipi di questo sistema, prima di tutto con i nostri comportamenti quotidiani, e non possiamo chiudere gli occhi per non vedere come stiamo avvelenando il nostro mondo. Esistono tecnologie e procedure per gestire al meglio  il ciclo dei rifiuti nella piena compatibilità ambientale, non sarà gratis ma è un investimento per il futuro nostro e dei nostri figli e nipoti. (Mario Gugliotta)

G7 AMBIENTE: COSTA: “SUPERARE DIVISIONI TRA ECONOMIA E TUTELA AMBIENTALE”

Si è aperto ieri a Metz in Francia il G7 dei ministri dell’Ambiente: quattro le priorità, come si legge sul sito del Ministero francese alla Transizione ecologica: “Lottare contro le disuguaglianze per la transizione ecologica e solidale; sostenere gli allarmi scientifici e la mobilitazione internazionale sulla biodiversità e il clima; promuovere soluzioni concrete per il clima e la biodiversità; finanziare la conservazione della biodiversità”. Oltre ai Paesi del G7, a Metz saranno presenti rappresentanti di Cile, Egitto, Gabon, Isole Fiji, India, Indonesia, Messico, Niger e Unione europea. A rappresentare l’Italia c’è ovviamente il nostro Ministro dell’Ambiente Sergio Costa che ha dichiarato: “Credo che la dicotomia tra economia e tutela ambientale che ha caratterizzato il secolo scorso vada superata e oggi ci sono tutte le condizioni tecniche, scientifiche e politiche per farlo“. Il Ministro ha inoltre sottolineato: “Chi si ostina a concepire l’economia secondo i vecchi paradigmi produttivistici basati sul carbon fossile e sullo sfruttamento delle risorse, e non secondo la Green economy e le economie circolari, appartenga all’archeologia politica e sarà la storia a travolgerlo e a condannarlo come nemico del Pianeta“. Il G7 Ambiente si concluderà questa sera.

AMBIENTALISTI NEL 2000 (di Mario Gugliotta)

Sono trascorsi pochi giorni dalla grande manifestazione mondiale contro i cambiamenti climatici e già il tema comincia a scomparire dalle prime pagine dei giornali. E’ sempre bello vedere le piazze gremite di gente che chiede di partecipare alle decisioni politiche che riguardano il proprio futuro e credo che una mobilitazione continua e fattiva sarebbe auspicabile.

L’ambientalismo cambia, si evolve, così come nel tempo è cambiata la percezione del mondo che ci circonda.

È ormai passato quasi un secolo da quando, nel 1922, è stato istituito il Parco Nazionale D’Abruzzo, forse il primo esempio in Italia – e tra i primi nel mondo – di intervento sostanziale a tutela dell’ambiente. L’ambientalismo, quindi, visto come difesa fisica della natura contro l’ingerenza umana, difesa della flora e della fauna dall’espansione delle città e delle infrastrutture, dello sfruttamento del suolo a scopi lucrativi o residenziali, del disboscamento per l’espansione dell’agricoltura o la produzione di combustibile legnoso. Una natura quindi statica, da preservare per la sua biodiversità e per la sua intrinseca bellezza.

L’ambientalismo, nel secondo dopoguerra, ha poi seguito vari filoni ispirati dal movimentismo del momento restando per un lungo periodo però legato allo stesso concetto di natura “cartolina”, percepita attraverso i sensi più che dalla ragione. Salvare le balene dalla pesca d’altura o gli uccelli di passo dalle mattanze dei cacciatori, fermare la cementificazione delle spiagge o l’invasione delle colline dalle pale eoliche, no agli inceneritori e alle discariche, etc.

Oggi la coscienza ambientale è cambiata. Si è capito che il nuovo nemico dell’ambiente è subdolo, microscopico o addirittura invisibile. Si può chiamare anidride carbonica, microplastica, antibiotici, nitrati, metalli pesanti, e a produrli e immetterli nell’ambiente siamo tutti noi direttamente o indirettamente, spesso anche inconsapevolmente. Per questo la sfida di tutti noi – una sfida non solo ambientalista -è oggi più difficile e necessita di molte più competenze e impegno. Si prende finalmente consapevolezza che le balene e i pesci muoiono a causa dell’inquinamento degli oceani da plastica, che gli uccelli cambiano abitudini a causa dell’attività antropica e per l’inquinamento, che l’eccesso di consumo di carne non fa male solo alla nostra salute ma anche alla natura, che molte spiagge spariranno per l’innalzamento delle maree dovute al global warming, che quella pala eolica sulla collina non è così brutta perché è una risposta all’uso dei combustibili fossili, che l’impianto di compostaggio nel nostro back yard aiuta a restituire correttamente carbonio alla terra impoverita. Abbiamo capito che tutti noi liberiamo microplastiche nell’ambiente insieme agli scarichi del nostro bucato, che bruciare la legna nel caminetto è romantico ma non ambientalmente corretto, che per dar da mangiare a una popolazione in continua crescita c’è bisogno di una nuova cultura agricola (e alimentare).

Intanto la politica nazionale e internazionale cosa fa? Si potrebbe usare una frase di Don Raffaele, nella nota canzone di De Andrè: si costerna, si indigna, si impegna, poi getta la spugna con gran dignità. Si, perché questa è la triste risposta, ogni decisione rischia di rimanere invischiata nella logica commerciale del minor prezzo, nel ricatto trumpiano negazionista, nel pragmatico bilancio costi/benefici. Si rimandano soluzioni impegnative in attesa di tempi migliori, senza immaginare che i tempi migliori forse sono già alle nostre spalle. Paesi lungimiranti investono gli utili economici della devastazione ambientale nelle nuove tecnologie,mentre politiche miopi e conservatoristiche fanno perdere all’Europa e all’occidente il ruolo di leadership nella lotta per un futuro migliore.

Essere ambientalista negli anni 2000 è un impegno necessario per tutti, nella nostra piccola o grande attività quotidiana, un impegno che non sarà gratuito né in termini economici né di partecipazione attiva con l’esempio, la dedizione e la consapevolezza. E in questo scenario è inevitabile che i player principali saranno ancora le grandi industrie, spesso le stesse che hanno alimentato la cosiddetta economia lineare ovvero l’opposto dell’economia circolare, a cui noi tutti dovremo contrapporre un consumo consapevole e qualche sacrificio. Si tratta ora di scalare un monte fatto di abitudini e di un retaggio culturale non più accettabile: i ragazzi ci hanno detto chiaramente di essere pronti col cuore ma non hanno competenze né potere decisionale. Tocca a noi affiancarli  da “buoni  capaci e realmente responsabili ” padri di questa unica grande famiglia.

LEGAMBIENTE E KYOTO CLUB: APPELLO PER NORMA SULL’END OF WASTE

Partiamo da una breve spiegazione: con il termine End of Waste, si indica il processo di recupero eseguito su un rifiuto, al termine del quale esso perde tale qualifica per tornare a svolgere un ruolo utile come prodotto. Un rifiuto quindi cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfa le precise condizioni, come precisa la Corte di Giustizia Europea: “se il materiale risulta avere un’utilità, cesserà di essere considerato rifiuto non appena sarà pronto ad essere riutilizzato come prodotto recuperato”.  Da diversi anni però l’Italia non riesce a semplificare le operazioni di riciclaggio dei rifiuti come richiesto dall’Europa e la mancata emanazione di decreti sul fine vita dei rifiuti sta creando un corto circuito che rischia di aumentare i flussi di rifiuti che vanno in discarica o negli inceneritori. Da qui l’appello lanciato dal Presidente di Legambiente Stefano Ciafani e dal Vicepresidente di Kyoto Club, Francesco Ferrante per tradurre finalmente in realtà la norma sull’end of waste sulle materie prime seconde, molte volte annunciata in questi mesi dal Ministro dell’ambiente Sergio Costa. “La semplificazione del riciclo dei rifiuti urbani e speciali, la normativa sul cosiddetto end of waste, deve essere reale ed efficace, al contrario di quanto si stava facendo con la legge di bilancio approvata definitivamente nei giorni scorsi con l’intervento maldestro del Parlamento. Bene ha fatto il ministro dell’Ambiente Sergio Costa a stralciare quell’articolo dalla manovra economica per farlo tornare dove era stato inizialmente previsto, cioè nel Decreto Semplificazioni  –scrivono Ciafani e Ferrante – Il nostro augurio è che ora non si facciano ulteriori pasticci nel passaggio parlamentare complicando il testo governativo sulle materie prime seconde che va, invece, nella direzione giusta. Ci auguriamo che questa sia la volta buona per l’approvazione di una norma che faccia decollare definitivamente il riciclaggio dei rifiuti di provenienza domestica o produttiva come ci chiede il nuovo pacchetto di direttive europee sull’economia circolare, grazie alla semplificazione dell’iter autorizzativo. Non c’è più tempo da perdere se vogliamo evitare la realizzazione di altri termovalorizzatori come paventato dal vicepremier Matteo Salvini. Una sciagura per l’economia circolare italiana che dobbiamo evitare rendendo più economiche le politiche di prevenzione, più semplici le operazioni di riciclo, costruendo tanti nuovi impianti industriali per il recupero di materia, a partire da quelli per la frazione organica dei rifiuti nei moderni digestori anaerobici per la produzione di biometano, e favorendo veramente, come previsto dall’obbligatorietà per legge dei criteri ambientali minimi nelle gare pubbliche d’appalto, i prodotti realizzati con materiali da riciclo“.

IL MINISTRO COSTA AL CONSIGLIO EUROPEO SULL’AMBIENTE

Prima uscita europea per il nostro Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa (@SergioCosta_min) che direttamente dal suo profilo twitter – sul quale ricorda sempre l’hashtag #iosonoambiente – ha reso noto il tenore del suo intervento: “L’Europa deve occuparsi dell’acqua con una Direttiva specifica e garantire a tutti il diritto ai servizi idrici e igienico sanitari. La fornitura di acqua potabile e la gestione delle risorse idriche non siano soggetti alle logiche del mercato unico e i servizi idrici siano esclusi da qualsiasi liberalizzazione perché l’acqua è bene comune e un diritto umano essenziale”.

5 GIUGNO: GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE
La Giornata Mondiale dell’Ambiente è nata nel 1972 e fu proclamata dall’Assemblea Generale della Nazioni Unite in occasione dell’istituzione del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente. Quest’anno è dedicata alla lotta alla plastica che sta distruggendo i nostri mari, una battaglia che coinvolge governi multinazionali, aziende e consumatori. Il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres chiede a tutti di “Rifiutare quello che non si può riutilizzare”. In Italia, secondo la Coldiretti, il 27% dei cittadini ha anche evitato di acquistare oggetti di plastica monouso come piatti, bicchieri e posate, ma ancora sono troppi i rifiuti di plastica abbandonati sulle nostre spiagge o buttati in mare. Per questo motivo Greenpeace ha da poco attivato Plastic Radar, un servizio ad hoc per coinvolgere i cittadini che vogliano segnalare i rifiuti in cui si imbattono. Qualsiasi oggetto in plastica trovato in spiaggia o nel mare potrà essere fotografato e inviato su Whatsapp  al numero +393423711269 affinché venga catalogato.
SERGIO COSTA: IL NUOVO MINISTRO DELL’AMBIENTE

Ha esordito con un tweet nel quale scrive: “Tante sfide ci aspettano: clima, economia circolare, beni comuni, lotta alle ecomafie. Siamo pronti!” Sergio Costa Generale di brigata dell’Arma dei Carabinieri e comandante della Regione Campania dei Carabinieri Forestali, è stato comandante regionale del Corpo forestale dello Stato, fino al 2016 quando venne accorpato all’Arma dei Carabinieri, provvedimento che all’epoca fu molto criticato dallo stesso Costa che denunciò il rischio di perdere la professionalità e l’esperienza degli uomini della Forestale.

Ovviamente da noi di Gea non può che arrivare un grande augurio di buon lavoro al neo ministro.

NUOVA STRATEGIA EUROPEA CONTRO LA PLASTICA

Il 28 maggio la Commissione europea ha rivolto la propria attenzione verso una serie di prodotti in plastica che rappresentano complessivamente circa il 70% dei rifiuti marini e in particolare contro cotton fioc, posate, piatti, bicchieri e cannucce che dovranno  essere realizzati esclusivamente con materiali sostenibili e alcuni prodotti, come ad esempio i pannolini per bambini o gli assorbenti igienici, dovranno avere sull’etichetta l’indicazione su come possano essere smaltiti. Gli Stati membri inoltre saranno obbligati araccogliere il 90% delle bottiglie di plastica per bevande monouso entro il 2025. Sarà ora il Parlamento europeo a stabilire se adottare in toto quanto proposto dalla Commissione.