Sul sito del Ministero dell’Ambiente è stata data la notizia di una nuova operazione dei Carabinieri del NOE di Udine che in collaborazione con gli uomini dei Gruppi Tutela Ambientale di Milano e Napoli, hanno dato il via all’esecuzione di 3 ordinanze di custodia cautelare e sequestri di società e mezzi distribuiti tra Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto e Puglia. Gli arresti sono stati effettuati a conclusione di una complessa attività d’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Trieste. In concomitanza agli arresti – si legge sempre sul sito – è stato emesso un decreto di sequestro sia dell’intero complesso aziendale sito nella provincia di Trieste sia degli automezzi utilizzati per la commissione di reati ambientali di proprietà della stessa ditta. Sono, inoltre, in esecuzione ulteriori decreti di perquisizione e sequestro a carico di altre 3 società (allo stato attuale non indagate), tutte operanti nel settore del trattamento rifiuti e site nelle province di Bari, Brescia e Venezia, nonché di 3 decreti di perquisizione personale e sequestro a carico di altri 3 soggetti indagati (residenti nella provincia di Trieste, Gorizia e Venezia). Gli arresti hanno riguardato gli amministratori (reali e di fatto), nonché personale operativo ed amministrativo della società indagata, operante nel settore dei rifiuti, tutti partecipanti attivi all’attività illecita. Le indagini hanno permesso di individuare le responsabilità di una strutturata organizzazione criminale costituita da più soggetti che, nell’ambito della gestione dei rifiuti speciali, aggirava le normative di settore attraverso un modus operandi consistente nel cosiddetto ‘giro di bolla’, producendo anche falsi documenti di trasporto e di identificazione dei rifiuti. L’organizzazione, attraverso varie operazioni e l’allestimento di mezzi fraudolenti, effettuava lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, costituiti principalmente da contrappesi e valvole di pneumatici. Si è anche appurato, nel dettaglio, che la società oggetto d’indagine, raccoglieva su tutto il territorio nazionale attraverso i suoi autisti e con i suoi mezzi i rifiuti speciali, rilasciando agli interessati documenti falsi e destinando tali rifiuti direttamente ad alcuni impianti compiacenti in Lombardia, Veneto e Puglia, senza passare attraverso l’impianto sito in provincia di Trieste per il trattamento necessario, come invece previsto dalla normativa di settore. L’azienda, grazie a questo stratagemma riusciva ad ottenere notevoli ricavi eliminando quasi del tutto quelle che sarebbero state le spese di gestione e trattamento del rifiuto, generando, quindi, un volume di affari illecito pari a circa 2 milioni di euro.
