Italia batte Germania 103 a 88 in economia circolare. Il nostro Paese è sempre in pole position nelle classifiche europee dell’indice complessivo di circolarità, ovvero il valore attribuito secondo il grado di uso efficiente delle risorse, utilizzo di materie prime seconde e innovazione nelle categorie produzione, consumo, gestione rifiuti. Al secondo posto nella classifica delle cinque principali economie europee troviamo ancora ben distanziati il Regno Unito (90 punti), seguito da Germania (88), Francia (87), Spagna (81). la nostra corsa verso i traguardi della circolarità rischia però di arrestarsi, mentre quella degli altri grandi Paesi del continente sta prendendo slancio anche grazie al nuovo pacchetto di direttive approvato nel luglio scorso. L’Italia, in confronto alle valutazioni 2018, ha infatti conquistato solo 1 punto in più (l’anno scorso infatti l’indice complessivo di circolarità era di 102 punti), mentre ci sono Paesi che hanno raggiunto risultati più grintosi: la Francia, per esempio, che aveva totalizzato 80 punti ne ha aggiunti 7; o la Spagna, che ha scalato la classifica partendo dai 68 punti della scorsa annualità, guadagnandone ben 13. E’ questo il quadro che emerge dal primo rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2019, realizzato dal Circular economy network (la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e 13 aziende e associazioni di impresa) e dall’Enea. Secondo il decalogo messo a punto dal primo rapporto sull’economia circolare occorre quindi “implementare una Strategia nazionale e un Piano d’azione per l’economia circolare per affrontare carenze e ritardi, migliorare l’utilizzo degli strumenti economici attraverso la responsabilità estesa dei produttori, valutare gli incentivi pubblici esistenti, e un riequilibrio del prelievo fiscale; tra le altre cose o promuovere la bioeconomia, assicurare la sicurezza alimentare e l’agricoltura di qualità, estendere l’economia circolare negli acquisti pubblici con l’utilizzo dei Green public procurement, programmi per le città di rigenerazione urbana, attivare rapidamente le pratiche di end of waste (con i decreti che coinvolgono circa 7.000 imprese italiane”