Ben 75 miliardi di euro di danni provocati dai primi 10 disastri climatici del 2018. Il calcolo arriva dall’ente britannico Christian Aid: . i disastri più costosi identificati dal rapporto sono stati gli uragani Florence e Michael, che hanno colpito gli Stati Uniti e parti dell’America centrale e dei Caraibi, causando danni stimati in 17 miliardi di dollari per Florence e in 15 miliardi di dollari per Michael. Gli altri grandi disastri presenti nel rapporto sono: la siccità in Europa costata 7,5 miliardi di dollari; la siccità in Argentina, costata 6 miliardi di dollari; le inondazioni in India che hanno ucciso circa 500 persone e ne hanno costretto oltre un milione ad abbandonare le proprie case; le inondazioni in Giappone che hanno ucciso almeno 230 persone – costando 7 miliardi di dollari – a cui hanno fatto seguito un caldo record e il tifone Jebi (la più potente tempesta che abbia colpito il Paese negli ultimi 25 anni); il tifone Mangkhut nelle Filippine e in Cina, che ha ucciso 133 persone e distrutto 10.000 case; la siccità a Città del Capo, in Sudafrica e i violenti incendi in California, tra i quali il Camp Fire di novembre, che è stato il più distruttivo di sempre e che ha ucciso almeno 85 persone. Anche il nostro Paese non è stato esente da danni a persone e cose: secondo Legambiente in Italia ci sono state 32 le vittime e 148 eventi estremi, in particolare: 66 allagamenti da piogge intense; 41 forti trombe d’aria e 20 esondazioni fluviali. “L’adattamento al clima rappresenta la grande sfida del tempo in cui viviamo – dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente –. Purtroppo dalla COP24 appena conclusa a Katowice non è uscita quella chiara e forte risposta all’urgenza della crisi climatica che ci si aspettava dai Governi dopo il grido di allarme lanciato con l’ultimo rapporto del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC). La nostra ricerca rende evidente la diffusione e la dimensione degli impatti dei fenomeni meteorologici estremi nel territorio italiano, resi ancor più drammatici dal dissesto idrogeologico, da scelte urbanistiche sbagliate e dall’abusivismo edilizio. Non esistono più alibi o scuse per rimanere fermi – conclude Zanchini – perché disponiamo di competenze tecnologie per aiutare i territori e le città ad adattarsi ai cambiamenti climatici e mettere in sicurezza le persone.”
